| i luoghi, le storie

lu Cinema – 2a parte

 

Il nuovo… Cinema Orione

Nel dopoguerra, il cinema a Esanatoglia assunse il nome e il volto di Ersilio Spitoni.

Ersilio Spitoni (1905 – 1965) – dipinto su tela

Gli Spitoni

Progenie molto estesa quella degli Spitoni (nelle testimonianze più antiche, da metà del ‘600 e per oltre un secolo, era prevalentemente in uso la forma  “Spitone”, derivato probabilmente dallo spito o spiedo, che era un’arma ancor prima che l’attrezzo da cottura che oggi conosciamo) disseminati prevalentemente tra Palazzo e Capriglia. 

La linea familiare che qui ci interessa, lascia quelle zone di campagna con Andrea che troviamo a metà dell’800 venditore di vino al minuto, in un suo locale in piazza Santa Maria. Da lui venne Antonio e da questi Alessandro (1879-1954), spirito libero, anarcoide di carattere e anarchico per fede.  Emerge nel corso del racconto de La guerra di Lao (parte II) dove si ricordano, oltre ad alcune sue disavventure, le sottolineature onomastiche del suo credo politico e filosofico appioppate alla sua inconsapevole prole (due figlie una Dina e una Mite, un figlio Ateo, il tutto dopo il primogenito Ersilio).  Ma Spitó fu anche capace imprenditore tale da impiantare una fiorente attività edilizia.

 

Carta intestata della ditta Alessandro Spitoni & Figli

 

Mitigata con l’età l’irruenza dei suoi giovanili ideali ebbe modo di svolgere la sua professione coadiuvato da suoi figli.

Era quindi muratore anche il primogenito Ersilio fino a che nel febbraio del 1946, a seguito di un incidente motociclistico lungo la costa adriatica in cui trovò la morte il suo amico, compaesano e compagno di viaggio Lanfranco Mattioli, egli non dovette sopportare l’amputazione di un braccio, che lo costrinse a reinventarsi un nuovo lavoro, una vita diversa.

Nella dirompente voglia di vivere che animava il dopoguerra, l’ansia di rinascita si incarnò, ancor più che in tanti altri fenomeni culturali e sociali, nell’universo cinematografico, nel suo campo espressivo e di conseguenza nel suo àmbito economico e produttivo.    

Non fu difficile valutare la situazione locale.  Il Teatro comunale non rispondeva più alle moderne esigenze della cinematografia.  Non era più proponibile alternare proiezioni cinematografiche con attività teatrali, veglioni e feste danzanti.  Era tramontato il tempo “de Pilió” che si sgolava ad annunciare il “ciòfrico“.  Esanatoglia meritava e poteva permettersi una sala cinematografica, un vero e proprio CINEMA. 

 

Lu vìculu de lu cinema

Nella attività della “Alessandro Spitoni & figli”, capitava di acquistare qualche vecchio edificio per ristrutturarlo e poi affittarlo o rivenderlo.  Con questo intento la ditta aveva acquistato nel ’42 una casupola in Via Cataldo Onesta, ma lo sconquasso della guerra aveva bloccato ogni progetto.  Dopo l’incidente che lo aveva menomato, Ersilio Spitoni, individuò nel cinema la possibile alternativa al lavoro edile che non era più in grado di svolgere.

A quel punto quel fabbricato incastrato nel vicolo poteva tornare utile.  Accorpandoci una porzione di casa di proprietà degli eredi Mollajoli, acquistata allo scopo dopo lunga trattativa, si crearono i presupposti per la realizzazione di un fabbricato fronte strada, piuttosto ampio, alto tanto da ricavarci una galleria e soprattutto lungo; è lo stesso fabbricato che vediamo ancora oggi all’incrocio tra Via Cataldo Onesta e Vicolo Chiuso. 

 

Planimetria Catasto Gregoriano con la sagoma del Cinema Orione

 

I lavori iniziarono verso la fine del 1948 e proseguirono per tutta la primavera successiva nonostante l’ondata di freddo che avvolse tutta la penisola nel mese di marzo di quell’anno.

La Commissione Provinciale di Vigilanza sui locali di pubblico spettacolo fece un primo sopralluogo nell’aprile del ‘49 quando ancora erano in corso i lavori e la sala non aveva ancora un nome.  Nell’occasione vennero fornite indicazioni per la realizzazione della galleria che nel progetto presentato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri non era stata approvata.

I lavori vennero ultimati seguendo queste indicazioni e ad agosto la nuova sala era pronta.  Il nuovo sopralluogo della Commissione lo accertò solo a metà settembre, un mese dopo l’inizio dell’attività.

 

Verbale di sopralluogo del 16 settembre 1949

 

Si inizia

La vigilia di ferragosto del 1949. Domenica.  Si inaugura il nuovo cinema; presi d’assalto i 219 i posti a sedere, le 165 “poltroncine” in platea e le 54 in galleria.  

Non sappiamo come si orientarono per la scelta del nome.  Nell’intitolazione delle sale, che nascevano come funghi, erano piuttosto ricorrenti i richiami alle stelle, agli astri e a tutto ciò che suggerisse luce (cos’altro è il cinema se non un miracolo della luce?): da Astra a Fulgor a Splendor e via di lumen in lumen.  Su questa scia illuminante si collocò l’idea di Ersilio e/o di chi lo consigliò.

Fu così che quel fabbricato, nonostante fosse quasi infossato tra un vicolo stretto e un vicolo chiuso e sovrastato da fabbricati più alti che lo rabbuiavano quasi nascondendogli il cielo, fu dedicato alla costellazione più luminosa dell’universo conosciuto e divenne il “CINEMA ORIONE”.

 

 

Nella mitologia Orione era un gigante cacciatore, tanto è che la costellazione viene anche detta “il cacciatore”; ripensando alla passione venatoria familiare degli Spitoni, viene spontaneo chiedersi se fu semplice coincidenza…

 

Planimetria originaria del Cinema Orione

 

Le prime immagini che illuminarono il grande schermo sul fondo della nuova sala, il 14 agosto 1949, furono quelle di un film americano del 1940 “Figlio, figlio mio” di Charles Vidor. Le vicissitudini di uno scrittore che, rimasto vedovo, ripone affetto e speranze sul figlio il quale però lo ripaga con una infinità di dispiaceri. Si ravvede infine il giovane, quando parte per il fronte dove troverà la morte.

 

Il primo film proiettato al Cinema Orione

 

Le “matrici borderò” dove sono annotati tutti i dati relativi alle proiezioni, ci restituiscono i numeri di una più che lusinghiera accoglienza, degna di quella novità assoluta: complessivamente 473 biglietti staccati, di cui 100 ridotti per militari e ragazzi. L’ingresso costava 50 lire, 60 per la galleria; consisteva in 10 lire di sconto la riduzione per militari e ragazzi. 

 

Borderò della proiezione inaugurale

 

Il giorno dopo, ferragosto, si replicò il successo di pubblico con un’altra pellicola americana, stavolta un po’ più recente, del 1944: “Ciao bellezza” di Norman Z. McLeod, un musical che oggi giudicheremmo piuttosto scialbo. Gli spettatori paganti furono ben 475.

Purtroppo una parte della documentazione è andata persa e dei primi anni del Cinema Orione ci restano solo i borderò dall’apertura fino al 3 dicembre 1949. 

Il primato di quei primi mesi del ‘49 appartiene al film “La sepolta viva”, una sorta di ‘prima visione’ poiché era uscito da appena qualche mese; in 3 giorni di proiezione, dal 4 al 6 novembre, registrò la bellezza di 654 spettatori (la pellicola fu il secondo miglior incasso della stagione cinematografica italiana 1948-49, preceduto solamente dal kolossal di Alessandro Blasetti “Fabiola“).  Uno di quei drammoni  strappalacrime che ebbero successo nel dopoguerra, e che poi la critica ribattezzò come “neorealismo d’appendice”. 

Una breve digressione per dire che Direttore della fotografia del film fu Mario Albertelli, che curò anche la fotografia di tanti altri film del dopoguerra inclusi alcuni di Totò, e che ha un indiretto collegamento con Esanatoglia essendo il marito di Agnesina Censi figlia di Agabito Censi, la cui famiglia dopo il fallimento della Conceria nei primi anni del secolo aveva lasciato definitivamente il nostro paese per trasferirsi prima a Tolentino e quindi a Roma.  Alcuni di loro sarebbero poi tornati a Esanatoglia come ‘sfollati’ verso la fine della seconda guerra mondiale. Varrà la pena parlarne in un altra occasione, perché è una storia che riserva sorprese.

 

I Cinegiornali

Gia à partire dai primi di settembre del ’49, la visione del film era normalmente integrata da un “Cinegiornale” che ne anticipava la proiezione.  Nate per soppiantare il “Giornale Luce” che era stato importante strumento di formazione del consenso durante il regime fascista, le varie testate cinegiornalistiche (Settimana Incom, Giornale Settimanale, Cinesport, Ciac, Tempi Moderni ecc.) trattavano a volte notizie settoriali, a volte presentavano veri e propri documentari.

 

 

Nel ricordo, salvo rare eccezioni, ai miei tempi era quasi un fastidioso viatico per potersi meritare la agognata visione del film, anche perché o di argomento pedestre o zeppo di notizie vecchie e di interesse ormai tramontato.  Ma fino all’avvento della televisione ebbero la loro importanza informativa e formativa. 

Così, tra film e cinegiornali, si snodò, in via Cataldo Onesta, il divertimento, lo svago e un po’ di vita di tanti di noi.

 

Ognuno ha la sua storia

Appartengo a una generazione per la quale il cinema ha rivestito una notevole importanza, per certi aspetti fondamentale.  Come luogo e come strumento, di scoperta e di formazione.  Naturalmente, almeno per quanto mi riguarda, il processo formativo per quanto attiene alla cinematografia, in particolare da una certa età in poi, non si svolse solo al Cinema Orione, anzi prevalentemente altrove.  Altrimenti sarebbe forse stato letale e avrei avuto una visione molto parziale dell’arte cinematografica e della realtà in genere. Però, fino a che quella certa età non venne, in quella sala prese forma un po’ della mia esperienza di vita, come fu per tanti altri nati dagli anni ’40 fin quasi agli anni ‘70.  A partire dalle prime esperienze, certamente accompagnati (nel 1960 per quello che penso sia stato il mio primo film, “I dieci comandamenti”, ricordo “cialtonèston” però non ricordo con chi fossi, ma non credo, a cinque anni appena, di essere andato da solo) in cui prevaleva la meraviglia e l’incanto, come luogo di iniziazione.  Poi, crescendo, come luogo di emancipazione (“ghji a lu cinema da suli…”), quindi di formazione quando divenne punto di ritrovo in cui si condividevano i contenuti (naturalmente quando i contenuti c’erano…) che lo schermo ci rovesciava addosso, e capace di crearne anche altri, per così dire extra-cinematografici, che erano fatti di amicizie, di passioni adolescenziali e primi amori con tutto ciò che questo comportava.  Ad esempio le domenicali estenuanti manovre di posizionamento per avvicinarsi alla creatura oggetto di desiderio nella fase pre-adolescenziale, diventavano poi laceranti contatti in epoca di primi amori, con i gomiti eletti a principale organo tattile.  Poi, pellicola dopo pellicola, il tatto ricondotto ai suoi organi naturali, le mani; poi il braccio a cingere le spalle, e sullo schermo scorrevano storie, e la storia, intanto, eravamo anche noi.  Alcuni film restano indimenticabili anche per questo…

Quando poi iniziò a prevalere l’interesse per il cinema come messaggio, come contenuto, non potendo aspettare che le novità arrivassero con il consueto ritardo, inevitabilmente si ricorreva a piazze come Matelica o Fabriano.

‘reperti’ originali del Cinema Orione

 

Per un certo tempo della nostra vita, andare al cinema era più che un appuntamento, era una sorta di rito, di adunanza collettiva che iniziava con la fila davanti all’ingresso dell’Orione in attesa che aprisse, riparati, in caso di maltempo, sotto la modesta pensilina.  Le ritualità come quella di Aletta che perlustrava in su e in giù i corridoi laterali lungo la sala a controllare che tutto filasse liscio e che li “munélli” non disturbassero più di tanto, ma soprattutto pronto a notare il minimo movimento di mandibole per pizzicare chi, contravvenendo al ferreo divieto, osava masticare una “ciccingomma”.  “Maschié, fòri!” tuonava la voce non appena la luce di qualche scena in ‘esterno giorno’ rischiarava la sala ed eri obbligato ad uscire fuori per sputare il chewing gum.  Al Cinema Orione non si poteva, pena espulsione, temporanea però, giusto il tempo di quella sorta di purgazione.   Però si poteva fumare: e quanto fumo fino alla legge che nel ’75 lo vietò!… 

Oppure la guerra delle classificazioni dei film silenziosamente ingaggiata con Don Peppe (Don Giuseppe Lacchè), che si occupava di affiggere in una piccola bacheca di legno posta nell’ingresso della sua parrocchiale di Sant’Andrea, la classificazione dei film in programmazione all’Orione secondo i parametri dottrinali della Chiesa   (accettabile, raccomandabile, discutibile, inaccettabile, specificando poi se fosse semplice o difficile, ambiguo, scabroso, negativo o addirittura licenzioso; da qui la qualità e il giudizio se fosse o no consigliabile la visione, in particolare per la gioventù).  Pochi i film che si salvavano dalla stroncatura e quando Aletta leggeva quelle sentenze in maggior parte negative, le commentava con immaginabili apprezzamenti.  

E come tacere dell’equivalente dell’Alfredo di “Nuovo Cinema Paradiso“, il cineoperatore senza il quale il cinema sarebbe stato solo una sala buia o un fermo immagine?

 

Alfredo (Phlippe Noiret) e il piccolo Salvatore (Salvatore Cascio) nella cabina di  “Nuovo Cinema Paradiso”

Raccogliendo forse il testimone di suo zio Dario, che nel Teatro comunale aveva animato per un lungo periodo l’attività cinematografica esanatogliese tra le due guerre, Maurizio Rossi, per tutti “Bricchetto”, fu l’altro volto del cinema Orione, per lunghissimo tempo, quello che coincide con il mio, quasi fino alla chiusura definitiva.  E oltre al volto, sempre bonario e scherzoso, era la mano che guidava la magica visione e l’occhio che dalla finestrina della cabina ne controllava lo svolgimento affinché la magìa giungesse sempre a compimento. 

 

Maurizio Rossi (“Bricchetto”) nella sua postazione al Cinema Orione

 

Una pluralità di immagini e di personaggi hanno accompagnato questo viaggio; una miriade di racconti possibili che chiunque abbia attraversato un tratto di quel quarantennio e durante quel percorso incrociato “lu cinema“, avrà conservato nel repertorio dei propri ricordi. 

Aver potuto posare gli occhi e mettere le mani sulla documentazione del Cinema Orione (purtroppo non completa), grazie alla cortese disponibilità degli eredi Spitoni, ha scatenato in me una irrefrenabile esigenza di classificazione tassonomica alla ricerca di ricordi, corrispondenza di date, incroci tra l’immaginario filmico e le vicende personali, che mi fa ritenere possa coinvolgere anche altri.    Anche se  dovesse essere solo qualche sparutissimo lettore a lasciarsi trascinare dal gioco dei ricordi, sarà comunque compensato lo sforzo di trascrivere (in alcuni casi decifrando grafie illeggibili) i titoli e i dati di quasi 4.500 film proiettati al Cinema Orione nel corso dei suoi quarant’anni di attività.

Qualcuno si chiederà a cosa possa servire tutto ciò.  Rispondo che intanto la storia è fatta anche di ciò che in apparenza sembra ben poca cosa, l’ordinario, il quotidiano, e che nel conservare la memoria nullo dovrebbe essere lo scarto; inoltre, a me è servito a recuperare brandelli di vita sfuggita.  Ricordi, che spero altri possano condividere.   

Il tono è più commosso del solito, lo avverto, perché l’argomento ‘cinema’ (in generale e nel particolare dell’Orione) mi intenerisce, ben oltre il rimpianto del tempo che è volato. 

Ecco quindi una rapida sequenza di dati (alcuni tralasciati, ma sempre registrati), in apparenza noiosi ma essenziali per riassumere un percorso così lungo.

Una avvertenza preliminare che si impone: i dati sugli spettatori, dopo il periodo iniziale, non possiamo considerarli del tutto veritieri.  Capitava che non a tutti venisse dato il biglietto all’ingresso, in particolare ai più giovani.  Diamolo per fisiologico e in parte anche comprensibile visti i ristretti margini di guadagno dell’attività come risulta dalle contabilità visionate.  Ritengo non lontano dalla realtà calcolare un 20% in più di quanto dichiarato.  Se ne tenga conto. 

 

Altri reperti originali del Cinema Orione: una poltroncina, un avviso, i biglietti…

 

Quanti “cinema” in quarant’anni…

Rammentiamo che per metonimia, sovrapponendo e confondendo contenitore e contenuto, per noi cinema era sia la sala del cinematografo (“vo’ a lu cinema da Aletta“), sia la pellicola stessa che vi si proiettava (“che cinema fà stasera?“), anche se in quest’ultimo senso i più evoluti tendevano a definirlo “un firme“.

Scorriamo per sommi capi la storia di un quarantennio “de cinema” e “de firme” insomma, evidenziando elementi desunti dai documenti che, chi vuole, potrà consultare per esteso aprendo il relativo collegamento.  


1949

nell’anno dell’esordio, dalla inaugurazione del 13 agosto e fino al 3 dicembre data in cui si interrompe la documentazione, in 49 giorni di programmazione vengono proiettate 34 pellicole.  Il prezzo del biglietto, eccetto la prima proiezione e quella di “La frusta nera di Zorro” (1944), rimase invariato per tutto l’anno: galleria 75 lire, platea 60 lire (50 e 40 per i rispettivi ridotti).  Dal mese di novembre spezzoni di sonoro (musiche dei titoli di testa e di coda, qualche dialogo significativo) iniziarono ad essere diffusi da un altoparlante “per propaganda cinematografica” che sparava il suo audio sulla piazza di Sant’Andrea.  

  

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1950

assenza completa di qualsiasi documentazione.


19511952

per questi anni mancano i Borderò quindi non si conoscono i dati sulle presenze di pubblico.  Dai Registri di Programmazione si nota che la tendenza è comunque in ascesa.  Nel ’51 sono 114 pellicole per 142 giorni di programmazione.  L’anno successivo il dato aumenta: 135 pellicole per 178 giorni.

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1953

189 giorni di programmazione per 153 pellicole.  Non si registrano più picchi di pubblico, ma la presenza è pur sempre elevata, in particolare nei giorni festivi.  “Serenata amara” (1952) con Claudio Villa in due giorni colleziona 445 spettatori; Ava Gardner con “I marciapiedi di New York” (1949) in una qualsiasi domenica di settembre porta al Cinema Orione 417 spettatori. Dopo il periodo di vuoto documentale, a inizio anno il prezzo risulta di 100 lire in galleria, 80 in platea e 50 per ridotti e militari.  Ai primi di dicembre vengono portati rispettivamente a 120, 100 e 70 lire. 

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1954

l’attività si intensifica: 192 film  per 220 giorni di proiezione che, per i dati di cui si dispone, costituisce il primato assoluto nella storia del  Cinema Orione.   Non ci sono i dati sull’affluenza del pubblico, ma immaginiamo che si mantenesse ancora su alti livelli; alta era anche la qualità delle pellicole che in quell’anno da “Pane, amore e fantasia” a “Un americano a Parigi“, da “Via col vento” a “Luci della ribalta“.

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1955 – 1957

mancano alcuni dati relativi a questo triennio: sappiamo che nel 1955 diminuirono rispetto all’anno precedente i film proiettati, che furono 171, e anche i giorni di programmazione, che si ridussero a 191; per il 1956 invece non abbiano alcuna informazione. Del 1957 sappiamo solo che, a fine dicembre, a Claudio Villa con “Serenate per 16 bionde” (1957) occorrono tre giorni di programmazione per raggiungere i 296 spettatori paganti.

A questo proposito va sottolineato che la stragrande maggioranza delle pellicole apparteneva al genere leggero, commedie o drammoni strappalacrime, ma capitava ogni tanto anche qualche pellicola come il primo film di Carlo Lizzani “Achtung! Banditi!” (1951) o “Le ragazze di San Frediano” (1954) di Valerio Zurlini.  Perle rare.

Intanto nel 1957 Ersilio trasferisce la titolarità del Cinema ai figli Elvio (1928-2013) e Alessandro (1937-1998); sarà Elvio, forse a motivo della maggiore età, che inizierà a firmare i Borderò e i Registri di Programmazione.

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L’avvento della televisione

Le trasmissioni televisive della RAI iniziano nel 1955; da noi già nel 1958-59 comincia ad esserci qualche televisore nei bar e inizia la concorrenza spietata che il nuovo mezzo ingaggia con il cinema. Aumenta inoltre la mobilità delle persone, si amplia l’orizzonte mentale del pubblico, il cinema locale come unico ‘tempio dello svago’ inizia a subire un lento ma progressivo ridimensionamento.

1956 : televisione al bar (Foto Torrini)


1958

anche se alla luce di dati incompleti (solo fino al 5 dicembre), già si mostrano i segni di una prima flessione. L’attività dell’intero anno si snoda in 147 giorni di proiezione, per un totale di 142 pellicole.  Gli spettatori iniziano a scemare; solo Rita Hayworth in “Salomè” (1953) riesce a totalizzare 368 presenze.  Capita qualche volta, che durante la settimana si stacchino solo 40, 50 biglietti.  Mai successo in passato.   A fine anno vengono comunque conteggiati in totale 19.017 biglietti venduti. Una media di 129 spettatori per giorno di programmazione (nel 1949, l’anno dell’esordio, erano stati 9.221 in 49 giorni di programmazione, ovvero una media di 188 spettatori a giorno).

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1959

in 113 giorni di proiezione per altrettante pellicole (non viene più fatta la replica dello stesso film per più giorni). Saranno 17.087 spettatori totali a fine anno, con una media  di 151 presenze per giorno di proiezione.

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1960

i dati di cui siamo in possesso (solo fino a metà ottobre)  riguardano 135 giorni di proiezione. Un totale annuo di 17.393 spettatori. La media per giorno di proiezione è di 128 spettatori.  E’ l’anno de “I dieci comandamenti” (1956) che in quattro giorni di programmazione vedono l’affluenza record di 705 persone.  Per l’occasione i prezzi vengono più che raddoppiati da 100, 80 e 50 lire, a 250, 200 e 150 lire, per poi essere fissati a metà anno in 120, 100 e 70 (si intende sempre galleria, platea e ridotti).  Per fine anno, qualche novità nell’àmbito promozionale, un affinamento delle strategie comunicative, ché ormai non si poteva più ricorrere all’altoparlante: innanzitutto una insegna luminosa al neon collocata all’angolo tra “lu viculu” e il Corso e poi, sotto lu torione, entrando in paese sulla sinistra, “li cartelluni“, le bacheche di legno dove venivano affissi manifesti e locandine dei film in programmazione.   

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1961 – 1962

assenza completa di dati per questi due anni.


1963

a partire dal ’63 e nei successivi tre anni si afferma sempre più la presenza della televisione che concorrerà al lento ma progressivo svuotamento delle sale cinematografiche.  Di questo periodo disponiamo dei dati sul pubblico solo per il primo anno che, seppur con lacune, ci indicano comunque che il numero medio di spettatori per giorno di programmazione si stabilizza intorno ai 120.  Film come “Barabba” o “Francesco di Assisi” o “Maciste contro Ercole” riescono ancora a portare al cinema oltre 200 persone.

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1964

abbiamo solo i titoli delle 119 pellicole in altrettanti giorni di proiezione, prevalentemente stabilizzati nel giovedì e, ovviamente, nella domenica.  La domenica è irrinunciabile per il cinema, al punto che l’Orione non si ferma neanche il giorno in cui Aletta e Mercede (Alessandro Spitoni e Mercedes Onesta) si sposano, il 5 aprile; festeggiano quindi le loro nozze all’Orione con la proiezione de “I due marescialli”, insieme a Totò e De Sica.

 

Sandro “Aletta” e Mercedes con le ‘pizze’ di un film all’imbocco “de lu viculu de lu cinema”

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1965

solo i titoli delle 106 pellicole in 107 giorni di proiezione.   Il periodo delle feste natalizie, normalmente prodigo di incassi, si ferma al 24 dicembre con “Tom e Jerry all’ultimo baffo”, perché il giorno di Natale muore a 60 anni Ersilio Spitoni, il fondatore dell’Orione; la sala resta chiusa per lutto fino al 30.

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1966

anche in questo caso disponiamo solo dei titoli delle 123 pellicole in 124 giorni di proiezione. Un ritocco ai prezzi dei biglietti: 150, 100 e 80 lire nei giorni feriali; 200, 150 e 100 nei festivi.

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1967

torniamo a poter disporre dei dati sul pubblico che ci indicano una tendenza in flessione:  123 pellicole in 124 giorni di proiezione.  Vengono mantenuti i prezzi dell’anno precedente, e gli spettatori complessivi nell’anno sono 11.521. I dati ci consentono di osservare come la media degli spettatori per giorno di programmazione si abbassi a 92.  La sala si riempie con i film di Gianni Morandi “In ginocchio da te“, “Non son degno di te“, oppure con quelli di James Bond / Sean Connery, seppure tutti vecchi di due o tre anni.

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1968

con il 1° gennaio, Elvio lascia l’attività e titolare della sala resta il solo Alessandro, detto Sandro, per tutti “Aletta“.  Così “lu cinema de Ersilio”, ma solo dopo un po’ di tempo poiché come sempre non è facile modificare la toponomastica affettiva, diventa “lu cinema de Aletta”.  

 

 

Nel 1968 sono 121 i giorni di proiezione per 117 film.  Salgono i prezzi che alla domenica e festivi arrivano a 250, 200 e 150 lire (feriali 200, 150 e 100 lire), ma la media spettatori/giorni di proiezione si abbassa ancora, scendendo a 82.   Il giovedì resta un appuntamento fisso.  Il martedì molte volte l’Orione resta chiuso.  Molte serate infrasettimanali si chiudono con 20-25 spettatori.   “Per qualche dollaro in più” (1965) a Capodanno totalizza solo 185 spettatori.  Il film “Agente 007 Si vive solo due volte“ (1967), a Pasqua 240 spettatori.  Il record spetta a “Il dottor Zivago” (1965) che in tre giorni di proiezione ne totalizza 369.

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1969

110 giorni di proiezione per 109 pellicole.  Una sola pellicola fu replicata, si trattò di “Helga” (1967) un documentario tedesco vietato ai minori di anni 14 anni in cui veniva mostrata la scena di un parto con dovizia di particolari.  Ricordo l’occasione  perché fu il mio primo film vietato ai 14, ancor prima del raggiungimento della tanto agognata meta; il film lo ricordo come un qualcosa quasi da anatomo patologo ancor più che da ginecologo, comunque tale da mortificare qualsiasi scopofilia.  Registrò il tutto esaurito, nonostante il “vietatissimo” che campeggiava nella bacheca di Don Peppe.

Intanto iniziavano a fare capolino anche film di una qualche caratura, pur se normalmente confinati alla proiezione dei giorni feriali.  Così, anche se nel frattempo era capitato di andarli a vedere a Matelica o a Fabriano, noi cinefili potevamo goderci tra pochissimi intimi “Bella di giorno” di Buñuel, “Teorema” di Pasolini o “Blow-up” di Antonioni, con una soddisfazione che contrastava con lo scoraggiamento del gestore, estraneo a passioni per il “cinema d’essai” dai magri riscontri.  La breve pausa estiva servì per rimodernare la sala. Vennero costruiti i nuovi servizi igienici, finalmente degni di questo nome, vennero cambiati gli arredi e messi pannelli fonoassorbenti alle pareti.  

Nuova planimetri della sala dopo gli interventi del 1969

Alla riapertura era inevitabile un altro piccolo ritocco ai prezzi:  300, 250 e 200 lire (feriali 200, 150 e 100).

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1970

si hanno solo dati relativi a metà anno. La media prosegue comunque la parabola discendente:  68 spettatori di media nei 61 i giorni di proiezione di cui si dispone.  Si diradano i cinegiornali e i notiziari iniziali, ma in quell’anno non possiamo dimenticare che insieme a “I temerari” con Burt Lancaster, Gene Hackman e Deborah Kerr, venne proiettato questo: 

Tempi Nostri / T1148

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1971

su 118 pellicole solo 17 superano le 100 presenze.  Il massimo è garantito dall’affluenza dell’infanzia con “I due maggiolini più matti del mondo” con 163 spettatori; appena sotto, Anna Magnani con “Il segreto di Santa Vittoria”, 156 i biglietti staccati.  Per film di ‘culto’ come “Il laureato”, 72 presenze appena, ma è un film uscito già quattro anni prima.   A inizio anno altro ritocco di 50 lire su tutti i biglietti.

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1972

aumentano i giorni di programmazione; sono 133 per un totale di 131 pellicole.  Non ci sono i dati sulle presenze.  “Continuavano a chiamarlo Trinità” uscito a fine ottobre 1971, a metà gennaio viene proiettato per due giorni consecutivi e ricordo personalmente (chiedo venia) un grande afflusso di pubblico.  Ma la gran parte dei film continua ad arrivare con notevole ritardo rispetto all’uscita.  “Love story” che seppur blando e melenso, piacque molto e fu campione di incassi, da noi arrivò a Natale del ’72, due anni tondi dopo la sua prima uscita.  Meno, ma pur sempre un anno, si dovette attendere per l’arrivo de “La classe operaia va in paradiso” e anche per “Il caso Mattei”: tutti film che, al momento dell’arrivo al cinema Orione, gli appassionati impazienti – anch’io fra questi – avevano già visto in altre sale della zona.

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1973

127 giorni di proiezione per altrettanti film.  Anche per quest’anno non disponiamo dei dati sulle presenze, ma ricordo molte occasioni in cui la sala era gremita: per dirne alcune, “Fratello sole sorella luna” di Zeffirelli, “Mimì metallurgico ferito nell’onore” con la superba accoppiata Melato-Giannini, o “Quattro mosche di velluto grigio” che, dopo alcune ‘comparsate’ e tanti ruoli secondari, ci permise di vedere all’opera in una scena cult il nostro concittadino attore Calisto Calisti (Esanatoglia 1925 – Roma 1974).

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1974

i giorni di proiezione aumentano a 173 poiché si consolida la proiezione del martedì.  A inizio anno assistiamo a un altro aumento di 50 lire per ogni biglietto: siamo così arrivati a 400, 350 e 300 lire per i festivi, e 350, 300 e 250 per i feriali. La media annuale è di 63 spettatori per giorno di proiezione.

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1975

la media scende a 55. I giorni di proiezione sono 149.  Sono pochissimi i film che riescono a superare le 100 presenze.

In questo periodo con la riforma della RAI del 1975 e ancor più con la sentenza della Corte Costituzionale (1974) che liberalizzò l’esercizio delle reti televisive locali private via etere spianando la strada al successivo ‘ciclone’ Fininvest (e a tutto ciò che ne è poi conseguito…), si assiste ad un enorme aumento dell’offerta televisiva.  In questa marea montante di ore di programmazione, i film non sono più confinati come un tempo al classico appuntamento del lunedì sera a cui ci aveva abituato la RAI, ma riempiono i palinsesti, a tutte le ore, con tutti i generi e in tutte le salse.  Una concorrenza che le sale cinematografiche accuseranno sempre più e che sarà una delle principali cause del loro progressivo decadimento.  

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1976

in quest’anno di forte crisi valutaria, vi furono continui rincari del costo del biglietto fino a raggiungere, verso fine anno, in occasione della proiezione di “Qualcuno volò sul nido del cuculo“, 700, 500 e 400 lire per i festivi e 600, 500 e 400 per i feriali.  Media intorno ai 50 spettatori per giorno di proiezione.

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1977

118 giorni di proiezione. La media scende a 41 spettatori. A novembre aumenta il prezzo del biglietto dei festivi, che ora è di 800, 700 e 600 lire; rimane invariato quello per i feriali.

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1978

121 giorni di proiezione per un totale annuo di circa 4800 spettatori:  una media di 39 per giorno di proiezione. Un solo film supera le 100 presenze “I due superpiedi quasi piatti”,  ma è il film di Capodanno. 

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1979

115 giorni di proiezione. Ritocco dei prezzi con il biglietto per la galleria che raggiunge la cifra tonda e simbolica delle mille lire. 

Per cercare di contrastare l’incontenibile concorrenza delle reti televisive e sulla scia della programmazione in particolare delle reti private che, nel caos normativo, potevano concedersi la libertà di sdoganare i film cosiddetti ‘pornosoft’ o ‘softcore’ o comunque insomma di pornografia ‘morbida’ e di attrattività elevata, anche la distribuzione cinematografica che riforniva le sale si adeguò.  Questo ebbe riflessi anche nella programmazione dell’Orione che già a partire dal ’76 inizia ad affidarsi sempre più spesso a pellicole… pruriginose.  Fenomeno inizialmente sporadico, ma destinato col tempo a crescere sempre più, tanto da raggiungere a coprire nel 1980 il 25% della programmazione annuale della nostra sala. 

Non c’era più Don Peppe che tenesse (Don Giuseppe Lacchè tra l’altro era morto nel 1974), e il “VIETATISSIMO” che un tempo campeggiava minaccioso nella bacheca all’ingresso di Sant’Andrea, veniva ora ad essere evidenziato come esca “su li cartelluni“.  La segnalazione “VIETATO” che era una imposizione di legge, ora accentuata con il superlativo, fungeva da evidente richiamo per gli appassionati del genere.

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1980

aprile 1500, 1300, e 1200 (feriali 1200, 1000 e 900). La media è ormai scesa a 32 spettatori per proiezione. Film usciti otto nove mesi prima registrano presenze impressionanti: “Apocalypse Now” risulta visto da 47 spettatori; “Manhattan” di Woody Allen da 20, peggio ancora il suo “Io e Annie” che, relegato a un giovedì, registrò 10 spettatori. Dati avvilenti, da non credere.

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1981

una drastica riduzione dei giorni di programmazione; i film sono 96.  Proiezioni solo il giovedì (normalmente genere ‘porno soft’) e la domenica.  Media spettatori 25.  Per la prima volta il Cinema Orione resta chiuso nei mesi di giugno e luglio. Alla riapertura di settembre i prezzi vengono fissati a 1700, 1500 e 1400 lire (feriali 1200, 1000 e 900).

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1982

ulteriore riduzione dell’attività: sono 50 in totale i film di tutto l’anno. Proiezioni solo alla domenica e nelle festività. La media rimane di 25 spettatori per giorno di proiezione.   Il massimo exploit è “Innamorato pazzo” con Celentano e la Muti uscito da appena due mesi; quasi una prima visione che in due giorni di proiezione totalizza 140 spettatori paganti.

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1983

si scende ancora a 39 film; la sala resta chiusa da maggio a metà agosto.  A settembre “In viaggio con papà” inaugura il biglietto a 3000, 2500 e 2000 lire.  Ormai la media è di 18 spettatori a proiezione.  Scende anche la qualità dei titoli in cartellone.  

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1984

24 film in totale nel corso dell’anno; nel secondo semestre solo 5.   La media spettatori è di 20.  Sono le cifre di una disfatta, di un crollo che ormai appare irreversibile.  Perfino film appena usciti come “Breakdance“, che dovrebbero attrarre per lo meno un pubblico giovanile, registrano clamorosi flop: 8 spettatori!  I giovani sono altrove.  Il cinema, in particolare quello delle piccole sale come quella del nostro Orione, è fuori della loro prospettiva.  Probabilmente anche quel tipo di cinema è altrove rispetto alle esigenze e alle passioni che tra i giovani vanno ormai per la maggiore.

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1985

si tocca il fondo con 14 film.  Il minimo storico.  Il massimo è di 26 spettatori per “Rombo di tuono”, uscito appena a inizio anno.  Da metà aprile la sala chiude e riaprirà solo il 1° dicembre.

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1986

un accenno di reazione per tentare una inversione di rotta. Sono 22 le pellicole per 27 giorni di proiezione.  “9 settimane e mezzo” uscito da appena due mesi viene proiettato per tre giorni.  La programmazione sembra non avere più un criterio.   Quasi come se l’irriducibile Aletta avesse voluto farci diventare tutti morettiani, “Bianca” viene proposto il 31 maggio, il 5 e poi il 17 giugno.

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1987

si persevera nel tentativo di non cedere, con 37 pellicole in 39 giorni di programmazione.  L’anno cinematografico si conclude il 26 dicembre con “Scuola di Polizia 3 – Tutto da rifare” che, nella seconda parte del titolo, suona come la amara sintesi di un bilancio, uno sconsolato cartello di addio da apporre sull’ingresso dell’Orione, a saracinesca abbassata.

L’anno successivo infatti quella saracinesca non si rialzerà e il cinema resterà chiuso per ben tre anni.

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1991, l’ultimo tentativo

Un ultimo sussulto, quasi uno scatto di orgoglio quello di un Aletta che non si dava per vinto e non voleva rassegnarsi, si ebbe nel 1991.  Dal 31 marzo al 1° giugno volle riaprire; tentò con un ciclo di 15 film, di vario genere e tutti assai recenti. 

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I documenti tacciono sui numeri, non ci sono i borderò, ma sappiamo e ricordiamo che non fu un successo.   Si riservò le ultime chance per il Natale con “Mamma ho perso l’aereo” e quindi venerdì 27 dicembre con un titolo che può suonare come un epitaffio, “Edward mani di forbice”: l’ultimo film proiettato al Cinema Orione di Esanatoglia, che con un secco e ultimativo colpo di forbice recideva quella lunga storia, quasi un’unica lunga pellicola iniziata nel 1949 (o, perché no, nel 1910…) che aveva accompagnato generazioni di esanatogliesi.

Oggi il Cinema Orione è di proprietà comunale.  Qualche anno fa si progettò di trasformarlo in una sala multimediale, ma la Regione che doveva finanziare un programma in tal senso, non diede seguito alla proposta e al finanziamento.   Ora si parla di demolirlo per creare… un “vuoto urbano” (giardinetto? parcheggio?).  Cercasi idee.  Speriamo in scelte oculate e possibilmente anche condivise con la popolazione, almeno quella che vive e anima il centro storico.  Vedremo. 

Lascia invece sicuramente un “vuoto umano” e resta il dolore quando sparisce un luogo dell’anima.  Il Cinema Orione a suo modo lo è stato, come fu per tanti di noi, più prosaicamente, luogo del corpo e, almeno in parte, anche della mente.  

 

 

Il racconto, se si vuole, può anche continuare…

8 Replies to “lu Cinema – 2a parte”

  1. Simone Bottaccio ha detto:

    Grazie Pino!
    Ancora ricordo, negli anni ’80, i tanti film visti la Domenica pomeriggio… Pozzetto, Bud Spencer, Celentano… la potenza dell’acustica e Aletta che ti riprendeva bonariamente se allungavi i piedi sui seggiolini del piano superiore.
    Tutte le rare volte che oramai vado al Cinema, quando mi siedo, penso “a lu Cinema su lu viculu”.

    • PinoBart ha detto:

      Grazie a te Simone.
      Mirabile ripensare a “lu cinema de Aletta” sedendosi in una multisala… Anche tu sei un ‘segnato’.

  2. Bruno Caldarelli ha detto:

    Stasera prezzi popolari: Platea 30 e Galleria 50. Lire, ovviamente, che poi sarebbero l’equivalente di 1 centesimo e mezzo per i posti più economici e di 2 centesimi e mezzo per la costosa galleria. Oggi neanche una caramella sfusa (ma forse non si trovano proprio più), allora ci si comprava un sogno a occhi aperti che durava due ore. Eravamo, credo, verso la fine degli anni ‘50. Purtroppo e per fortuna (entrambe le espressioni sono fondate) ho anch’io l’età per ricordare quei prezzi, che sembrano venir su dal buio dei secoli.
    Mamma trovava comodo “filtrare” preventivamente le mie richieste appunto con la famigerata bacheca di don Peppe, perciò prima di chiedere mi precipitavo, col cuore in gola, nel portone di S.Andrea a vedere la temutissima striscetta, che compariva implacabile poco dopo l’affissione dei “cartelloni” del cinema.
    Il risultato era sconsolante, credo che il “ Visibile a tutti” capitasse più o meno come la classica morte di papa, la sentenza abituale era il “Visibile agli adulti”, ma tutt’altro che infrequente anche l’incursione nel cuore del proibito con un tombale “Escluso per tutti”. L’unica nota positiva dell’atroce sequenza di divieti era l’euforia irrefrenabile che permeava il paio di giorni (e di notti) di avvicinamento alla sera o al pomeriggio del “cinema”, le rarissime volte in cui il catalogo di don Peppe mi consentiva di preparare la bocca al sapore del sogno. Quasi mai andava così. Eppure la tristezza che accompagna il ricordo non c’entra niente con il dolore delle rinunce. Quello passava presto e non lasciava cicatrici. Questa si porta dietro troppe cose, e troppo intime.
    Però che idea “luminosa”, Pino, raccontare la storia del Cinema di Esanatoglia, ridando la vita a chi l’ha fatto vivere. E la prosa, al solito, splende come l’idea.

    • PinoBart ha detto:

      Grazie a Bruno Caldarelli che col suo inconfondibile e magistrale tocco, conferma l’importanza della “bacheca de Don Peppe” e integra il racconto sul nostro cinema, e grazie a quanti hanno commentato su Facebook aggiungendo emozioni e ricordi a questa pagina importante della nostra storia recente. Ne trascrivo alcuni:

      “hai risvegliato i racconti di mamma grande appassionata di cinema. Abitando in cima al vicolo adesso casa “de Pippirittu” spesso sgaiattolava via dalla bottega di tessitrice per andare a vedere un film. Graziano aveva otto mesi quando il cinema venne inaugurato e mamma raccontava che lo portava con sé con una bottiglia di acqua. Con me invece andava a vedere la serie di film su Sissi l’imperatrice di Austria sperando di convincermi con i bei abiti delle attrici. Ma fu un insuccesso. Non ho mai amato il cinema se non quando avevo una certa età. Ricordi belli. Complimenti come Sempre per la dovizia di informazioni e particolari che ci riporti alla mente.
      Donata Tritarelli”

      “I cartelloni sotto l’arco e all’ingresso della chiesa di Sant’Andrea, c’era una bacheca, dove noi ragazzini potevamo informarci se il film era visibile a tutti, o solo per gli adulti, o vietato per tutti. Guai se si andava ad un film vietato, era peccato mortale!
      Serena Nucci”

      “Complimenti per la storia e per come l’hai scritta. Non hai solo scritto di un cinema ma anche della storia di vita di ESANATOGLIA….. io, nata nel 1969, il cinema l’ho sempre visto chiuso …..un peccato davvero…..non si potrebbe tentare di farlo risorgere?
      (coincidenza e ironia della sorte per me, ginecologa, è che nel mio anno di nascita la pellicola più vista sia stata quella di un parto)…
      Patrizia Pocognoli”

      “Leggendo l’articolo sono riaffiorate sensazioni che avevo dimenticato: il rumore dei colpi che dava babbo sulle pellicole per allinearle e rimetterle nei contenitori di latta che facevano il rumore del “temporale”. Un’altra cosa stupenda é il profumo delle pellicole, un odore diffuso nella piccola stanza della proiezione dove i sabati giocavo mentre le pellicole venivano amorevolmente preparate ed io recuperavo i piccoli stralci scartati e li conservavo come un grande tesoro!
      Adua Rossi”

      “A Esanatoglia venivo in estate e il cinema era tra i passatempi preferiti…Quell’anno era in programmazione “Il principe e la ballerina” con Laurence Olivier e Marylin Monroe e pregustavo, davanti ai cartelloni sotto l’orologio, il bel pomeriggio che avrei trascorso. Purtroppo, proprio il giorno della programmazione si torno’ a Roma: questo film e’ stato trasmesso molte volte in tv ma, sembra impossibile, per un motivo o per l’altro, non sono MAI riuscita a vederlo intero, una parte dell’inizio o qualche scena finale! Restera’ un desiderio non realizzato…
      Camillo Micio”

  3. monica pennesi ha detto:

    questo è bellissimo.

  4. Bruno Bolognesi ha detto:

    Eh, be’ Sì,
    mi piace prender parte alla giostra di ricordi che il CINEMA ORIONE scatena nei miei compaesani diciamo un po’ più maturi; chi non ha vissuto momenti fantastici nell’oscurità di quel locale incastrato tra i vicoli del centro del paese.
    Fino agli ultimi sussulti, fino all’agonia dei primi anni novanta dello scorso secolo, quando le nuove televisioni facevano incetta di spettatori, offrendo “il cinema a casa tua”, comodamente seduto sulla poltrona preferita, magari fumando la sigaretta che Sandro ti negava in sala, ed era tutto gratis! Senza fare il biglietto.E mettersi in pigiama, Vuoi mettere?
    E sì, altri tempi! Secoli? No, una manciata di anni che però sembrano raccontare altre epoche, altri spiriti, altre atmosfere.
    Lo abbiamo avuto anche noi esanatogliesi il nostro “Cinema Paradiso; il nostro Noiret Bricchetto. Era inevitabile che ciò accadesse, perché il progresso vuole le sue vittime, quelle fragili che è facile fagocitare.
    Ma io quel Cinema, nel 2000 l’ho fatto rivivere, con tanto di insegna luminosa, seppur per un solo giorno, quello in cui proiettai il mio primo film documentario: IL FIUME LA BOTTEGA IL CAMPO. Sala gremita in ogni ordine di posti, persone sedute a terra, Roberto, il figlio di Sandro si preoccupava di tutta quella gente che si era assiepata. Una Bellissima esperienza.
    Se passate in via Cataldo Onesta, scorrete lo sguardo sulle lettere che compongono CINEMA ORIONE, rivestite di carta stagnola e di qualche filo pendente delle luci che le illuminavano, che illuminano ancora oggi il ricordo, il romanticismo che quel locale offriva a piene mani, con le sue magie, illusioni e sonorità avvolgenti. Io ci ho provato, l’ho fatto rivivere alla grande, anche se per un tempo effimero, effimero come la celluloide che imprime la vita su un telo bianco.
    Bruno Bolognesi.

    • PinoBart ha detto:

      Grazie a Bruno Bolognesi che ci ricorda un esemplare tentativo di far sopravvivere l’Orione al suo destino e che ci riporta alla mente altre iniziative come la proiezione / conferenza del C.A.I. di Fabriano, che ebbi modo di organizzare e presentare, sulla tragica spedizione del 1983 nella Valle dell’Hunza sul Karakorum, purtroppo rimasta negli annali della storia locale per la morte di due partecipanti; o le proiezioni dei reportage fotografici di Biagio Tofani (memorabile quello sul Perù con la presenza di don Francesco Vitali, “padre vedullu”, che lì era missionario); o ancora altre attività extra-cinematografiche come assemblee pubbliche di partiti politici, riunioni ed eventi di associazioni come il Moto Club, e altro ancora. Una pluralità di esperienze che testimoniano come quella SALA, per le sue caratteristiche e per la sua posizione, si prestasse a quell’utilizzo “polivalente” che era sotteso all’idea del suo recupero.

  5. Simonetta Iacovacci ha detto:

    Mi ricordo di averci visto “L’Esorcista ” durante una delle mie annuali vacanze estive. “Visto” una parolona…praticamente sono stata tutto il tempo con gli occhi tappati per la paura. Peccato non ci sia più il cinema…un altro pezzo di Esanatoglia che se n’è andato.

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